03/02/2014 di Luca Borneo

Nasce la rubrica "Hai il diritto di gingerizzarti"!

Con questo post inauguriamo “Hai il diritto di gingerizzarti”, la rubrica del Gingerino dedicata all’analisi degli aspetti legali da tenere in considerazione quando si tratta di crowdfunding.

Che sbadato, stavo dimenticando di presentarmi! Mi chiamo Luca Borneo, made in Romagna, Cesena per la precisione, laurea in giurisprudenza all’Università di Bologna alle spalle, un master, sempre a Bologna, in “Giuristi, consulenti e professionisti d’impresa” e un po’ di esperienza maturata grazie alla pratica forense in uno studio legale. Mi entusiasmano le nuove opportunità che germogliano dal web e sono qui per tentare di sbrogliare i nodi che legano diritto e crowdfunding.

Posso immaginare che per molti parlare di diritto non sia il massimo del divertimento ma farò di tutto per essere il più chiaro e conciso possibile. Detto questo, diamoci da fare!

Cominciamo delineando i tratti salienti della forma di crowdfunding più diffusa e che più da vicino interessa GINGER e chi a GINGER si rivolge: il reward-based.

Il reward-based crowdfunding si caratterizza per il fatto che i sostenitori di un progetto vengono “ripagati” dal progettista per il loro contributo tramite una ricompensa, che può essere sia materiale che immateriale e che generalmente ha più un valore emozionale che economico.

Al momento, diversamente da quanto avviene per l’equity-based, non esiste alcuna norma scritta appositamente per questa forma di crowdfunding che pertanto può essere generalmente ricondotta alla fattispecie giuridica della donazione di modico valore.

Una donazione è di modico valore quando non ha una particolare rilevanza economica, da considerarsi anche in proporzione alla disponibilità del donatore, e si caratterizza per il fatto di perfezionarsi senza la necessità di alcuna particolare formalità.

La circostanza per cui il donatore riceva una ricompensa in cambio del proprio sostegno è generalmente ininfluente sulla natura della donazione proprio in virtù del ridottissimo valore economico della ricompensa stessa.

Da quanto fino ad ora esposto, emerge come nella maggior parte delle campagne di reward-based crowdfunding le norme previste per le donazioni siano senz’altro sufficienti a regolamentare il rapporto tra progettista e sostenitori.

C’è però una situazione, caratterizzata dalla particolare natura della ricompensa che il progettista riconosce ai propri sostenitori, in cui possono ravvisarsi alcuni dubbi interpretativi.

Il riferimento è alle campagne di reward-based crowdfunding che abbiano come obiettivo la raccolta dei fondi necessari alla realizzazione di un determinato bene e che prevedano come ricompensa per i sostenitori la consegna del  bene stesso.

Esempio: un progettista si rivolge alla folla per racimolare la cifra necessaria per la produzione di un nuovo modello di smartphone e offre come ricompensa ai propri sostenitori un esemplare dello smartphone stesso.

Una simile eventualità, in virtù della particolare natura della ricompensa, potrebbe per certi aspetti avvicinarsi maggiormente alla fattispecie della prevendita piuttosto che a quella della donazione. Attenzione! Inquadrare il rapporto tra progettista e sostenitore come prevendita piuttosto che come donazione, non è solamente una delle tante questioni di lana caprina con cui si dilettano gli amanti del diritto, ma è determinante al fine dell’eventuale applicabilità o meno di una mole di norme che altrimenti non interesserebbe il crowdfunding e che potrebbe spaziare dalla tutela dei consumatori al diritto tributario.

Al momento però, nonostante alcuni abbiano già segnalato tale distinzione, non si sono ancora verificati, almeno per quanto sappia, casi di concreta applicazione di norme sulla prevendita.

In ogni caso è importante sottolineare come l’eventualità appena descritta riguarderebbe solamente le campagne di crowdfunding che prevedano come ricompensa una copia del bene per la cui realizzazione si è chiesto aiuto alla folla, rimanendo invece escluse tutte quelle campagne caratterizzate da ricompense che abbiano un valore emozionale ma non economico.

Come comportarsi in conclusione? Anzitutto valutare attentamente la natura della ricompensa che si intende offrire; nel caso in cui sia tale da poter essere ritenuta oggetto di una prevendita, può essere opportuno, in base al saggio principio del “nel più ci sta il meno”, considerarla come una prevendita a tutti gli effetti. Di conseguenza sarà necessario il rispetto delle norme sui diritti dei consumatori (garanzia, sicurezza, recesso…), degli adempimenti fiscali previsti e, più in generale, di tutti gli obblighi derivanti dalla vendita di un prodotto.

Restando in attesa di eventuali sviluppi futuri che chiariscano questo aspetto, che ne dite di ingannare il tempo cercando dei progetti di crowdfunding in cui credere e aiutarli a diventare realtà? A proposito avete dato un occhio a quelli pubblicati su GINGER?

Prossimamente sul Gingerino altre pillole di diritto e crowdfunding!

Stick around!

©Luca Borneo


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