07/07/2016 di Idea Ginger

Una chiesetta social tra le Dolomiti

#cistACuore la chiesetta del Falzarego! è entrata di diritto tra le campagne di crowdfunding di maggior successo ospitate su ideaginger.it. La raccolta fondi, ideata dall’Azione Cattolica di Bologna, aveva l’obiettivo di raccogliere 6.000 euro, necessari per restaurare la chiesetta di Piani del Falzarego. Risultato? 15.850 euro raccolti, 198 sostenitori coinvolti e quota 264% del budget raggiunta. La campagna ha dimostrato come il connubio tra una comunità coesa e la necessità di tutelare un bene significativo per la comunità stessa, sia un mix esplosivo per una campagna di crowdfunding. Abbiamo chiesto a Alice Sartori dell’Azione Cattolica di Bologna di raccontarci i segreti del loro successo.

Quali sono state le tappe che vi hanno portato al lancio della vostra campagna?

Devo dire che la curiosità per il crowdfunding l’ha mossa Emil Banca, che nel giugno dell’anno scorso ci ha dato l’opportunità di ascoltare una presentazione di GINGER dedicata al mondo del no-profit. Abbiamo cominciato lì a pensare che una raccolta fondi diffusa potesse fare al caso nostro. Poi, grazie alla convinzione di Cesare Lenzi, presidente dell’Opera Giovanni Acquaderni (che gestisce le case dell’Azione Cattolica di Bologna) siamo passati alla fase operativa: raccogliere foto storiche della nostra chiesetta, realizzare un video, presentare al meglio il progetto di ristrutturazione. I tempi delle decisioni in associazione non sono brevissimi, ma sapevamo di poter arrivare a febbraio per il lancio, quando l’AC tiene la sua assemblea diocesana annuale e le attività ecclesiali entrano nel vivo. Direi che è stata una scelta vincente.

Perché la chiesetta di Piani del Falzarego è così significativa per la vostra comunità? Pensi che tale circostanza sia stata determinante per il successo dell’iniziativa?

La chiesetta è davvero un simbolo per l’AC di Bologna, rappresenta tutto “il Falzarego”, il complesso alberghiero dove da oltre 50 anni l’associazione svolge i suoi campi-scuola. Vi sono legate un numero enorme di persone, se contiamo che ogni estate sono più di un centinaio gli ospiti che tra famiglie, giovani e preti, si avvicendano a Piani di Falzarego.

Per noi la chiesetta è chiaramente il cuore spirituale dell’esperienza campi: senza questo polmone per la preghiera e per la celebrazione comunitaria faremmo tante proposte di vacanza, ma non andremmo all’essenziale. In più la chiesetta ci ricorda le persone che negli anni, con pazienza, si sono prese cura del Falzarego. La manutenzione in alta montagna è continua, ma continua è stata la generosità di tanti responsabili che si sono sempre impegnati per tenerla aperta.

Non c’è dubbio che il successo della nostra campagna sia dipeso dalla scelta dall’edificio da ristrutturare: un vero luogo del cuore capace di “muovere” ricordi ed affetti.

Le campagne di crowdfunding sono spesso montagne russe di emozioni, alternando momenti di esaltazione ad alcuni di difficoltà. È stato così anche per voi? Se sì, in che modo? 

Sì, anche noi abbiamo avuto momenti di esaltazione immediata, nel vedere il contatore delle donazioni salire molto in fretta nel primo mese di campagna. Poi un po’ di apprensione nei mesi centrali di raccolta, e infine la ripresa finale, all’avvicinarsi della chiusura di #cistACuore.

Abbiamo sfidato la sorte proponendo ai nostri associati di usare la donazione on-line; dobbiamo confessare che tanti hanno trovato comodo poter contribuire “dal vivo”, partecipando a diversi eventi associativi creati ad hoc. Per questo ringraziamo il Settore Giovani che ha pensato a una splendida cena con delitto ambientata al Falzarego e gli adulti che si sono impegnati in un ricco apericena che ha coinvolto anche tante persone del Centro G.P. Dore.

Ma è dai sostenitori che via via sono arrivate le emozioni più forti: due promessi sposi si sono regalati reciprocamente una donazione, alcune coppie hanno ricordato così il loro incontro al Falzarego o il loro anniversario. Tante comunità parrocchiali ci hanno fatto regali inattesi e anche molti preti hanno testimoniato che l’AC vive proprio del rapporto di amicizia speciale tra clero e laicato.

C’è qualche consiglio che daresti a chi vorrebbe lanciare una campagna di crowdfunding?

Consiglierei prima di tutto di fare una buona progettazione della campagna e di dedicarvi qualche risorsa stabilmente, anche se sarà per un tempo limitato. Per una realtà non troppo strutturata come la nostra infatti è stato impegnativo anche solo promuovere la campagna sui social e seguire uno ad uno i sostenitori. Poi creatività: da scatenare nell’uso dei video, per le ricompense e per realizzare eventi a sostegno del crowdfunding che possano coinvolgere pubblici diversi.

Infine direi di non lasciare indietro nessuno, anzi, di usare il tempo della campagna per riallacciare vecchi rapporti e conoscere nuove persone. Si avranno molte sorprese e si respirerà un bell’entusiasmo.

Cosa vi ha lasciato questa esperienza, oltre il denaro raccolto?

Più consapevolezza del fatto che se ci mobilitiamo ce la facciamo! Come AC sappiamo costruire tante cose belle insieme ma a volte non ce ne accorgiamo nemmeno. Adesso sappiamo un po’ di più di poterlo fare, addirittura sentendoci “padroni” del mondo digitale. Quattro mesi di raccolta fondi ci hanno lasciato anche la certezza che c’è più gente legata all’AC di quanta ne vediamo passare tutti i giorni dalla nostra segreteria. È bello sentire un legame che dura negli anni e che è capace di riattivarsi quando la solidarietà chiama.

Cos’è per voi il crowdfunding?

Un’opportunità. Per riavvicinare appunto i nostri associati, per cambiare linguaggio e farci più social, per intensificare le attività dell’Azione Cattolica dando loro uno slancio particolare. È anche uno strumento economico prezioso per soggetti come noi che sono senza fini di lucro: senza questa raccolta straordinaria quando avremmo potuto avviare la ristrutturazione?

Soprattutto è un tipo di raccolta fondi che, al di là del denaro raccolto, ha fatto davvero bene alla nostra comunità per sentirsi partecipe, unita e, come dice Papa Francesco, “in uscita”, ovvero aperta, vicina alle persone, capace di ascoltare il mondo e di farsi missionaria, senza temere di sporcarsi le mani ma attivando un processo di estroversione.


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