Ci sono alcune domande evergreen, che puntualmente emergono in occasione di ogni evento o corso di formazione a cui partecipiamo. Una di queste è “Dal punto di vista fiscale come funziona una campagna di crowdfunding?”. Oppure “Ma le donazioni sono detraibili”?
La risposta è “Dipende”. Proviamo a capire da cosa.
Il primo caposaldo attorno a cui costruire il ragionamento è che non esiste una normativa specifica dedicata al reward based crowdfunding. E attenzione a non cadere in un errore ahimé molto comune, ovvero quello di fare confusione con la regolamentazione dell’equity crowdfunding, che invece esiste eccome, sia a livello nazionale che europeo.
L’equity crowdfunding è uno strumento di investimento finanziario, con delle sue regole, che a noi però non interessa. Qui trattiamo solamente il reward based crowdfunding, ovvero la tipologia di crowdfunding di piattaforme quali Ideaginger.it o Kickstarter per intenderci.
Tornando a noi quindi, per il reward based crowdfunding non esiste una normativa specifica. Questo non significa ovviamente che non ci siano regole, ma che occorra fare riferimento a quelle già esistenti. Capiamo in che modo.
Il primo elemento è la natura giuridica della realtà che lancia una campagna e che sarà beneficiaria dei fondi raccolti. Come è facile intuire un’associazione non profit, dal punto di vista amministrativo, fa riferimento a un quadro normativo diverso da quello che previsto per una srl oppure per un libero professionista.
Eppure tutti e tre questi soggetti possono lanciare una campagna di crowdfunding.
Il secondo fattore da considerare è la tipologia di attività che viene svolta con una campagna di reward based crowdfunding. Anche qui credo sia abbastanza evidente come un’organizzazione non profit che raccoglie donazioni per un progetto di utilità sociale stia svolgendo un’attività molto diversa da quella di un’impresa che tramite le ricompense stia prevendendo un suo nuovo prodotto.
Eppure anche qui, in entrambi i casi, sempre di reward based crowdfunding si tratta.
I due esempi appena descritti aiutano a capire come una campagna di crowdfunding permetta di gestire situazioni molto diverse da loro e per le quali esiste già un quadro normativo fiscale a cui fare riferimento.
Come individuarlo? Un esercizio mentale molto semplice ma efficace per capire come inquadrare i fondi raccolti è, paradossalmente, togliere il crowdfunding dall’equazione. Proviamo.
Se un’impresa stesse prevedendo il prodotto utilizzando il proprio sito web, come gestirebbe l’incasso da un punto di vista fiscale? Allo stesso modo farà con i fondi raccolti tramite una campagna di crowdfunding. Se un’organizzazione non profit raccogliesse le donazioni con un banchetto in piazza come gestirebbe i fondi? Allo stesso modo farà con quelli raccolti con la campagna di crowdfunding.
La risposta a questa domanda è strettamente legata al ragionamento appena fatto. Anche su questo fronte il crowdfunding è "trasparente", non detta nuove regole ma si adatta a quelle già esistenti.
Se la realtà che beneficerà dei fondi raccolti è tra quelle a cui l’ordinamento riconosce la possibilità di rilasciare ricevute che garantiscono questi vantaggi fiscali ai propri donatori, così potrà fare anche per le donazioni raccolte tramite la campagna di crowdfunding. Diversamente se la realtà ha una forma giuridica diversa da quelle a cui il legislatore ha riconosciuto questa possibilità non sarà certamente la circostanza di raccogliere fondi con una campagna di crowdfunding a cambiare la situazione.
Il reward based crowdfunding è giuridicamente neutro e non detta regole diverse da quelle già in vigore, che già così non sono poche. Da questo punto di vista una campagna di crowdfunding è come un nuovo vestito che si adatta a differenti attività, dando loro un volto differente e più coinvolgente ma senza cambiarne la natura.
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Come funziona